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C'era una volta un giovane pescatore che abitava con la sua mamma in riva al mare. Quando
era nato, la sua mamma lo aveva chiamato Alessandro, ed egli era cresciuto sulla spiaggia,
inseguendo tutto il giorno i gabbiani e i granchiolini in riva al mare. Da qualche anno
ormai la mattina si svegliava col buio e andava tutto il santo giorno a pescare con la sua
barchetta.
Un giorno, mentre pescava, tra i raggi del sole che spuntava sul mare, Alessandro vide una
bellissima fanciulla con i capelli azzurri e oro. Smise di pescare e si mise a remare
verso il punto da cui era sorto il sole. Dopo molte ore che remava il sole era già alto
nel cielo, e lui ancora di tanto in tanto vedeva tra i suoi raggi quella fanciulla, così
bella e regale che decise di chiamarla "principessa". Al tramonto, il sole e la
principessa tra i suoi raggi erano arrivati sulla montagna, ed erano infine tramontati
dietro questa; il pescatore, che per seguire il sole aveva dovuto remare facendo un largo
giro nel mare, era tornato a casa molto stanco e senza aver preso neppure un pesciolino.
Non disse a nessuno della principessa, e l'indomani e gli altri giorni ancora vedeva
sempre la bellissima fanciulla: ogni giorno cercava di farsi dire come si chiamasse, e da
dove venisse; ma la principessa non diceva una sola parola, e se parlava era così lontana
che il pescatore non capiva.
Alessandro non prendeva più i pesci di una volta, ed ogni sera sulla spiaggetta i suoi
amici lo prendevano in giro, ed il giovane non sapeva darsi pace. "Forse se andassi a
cercare la principessa sulla montagna riuscirei ad avvicinarla ed a farmi dire il suo
nome" - pensò. Così una sera disse alla sua mamma: "Da domani cambio mestiere:
me ne vado sulla montagna e divento carbonaro".
La sua mamma scosse la testa; non voleva far andare suo figlio lontano sui monti, ma poi
pensò che forse era colpa del troppo sole se suo figlio non riusciva più a pescare come
gli altri pescatori. Tra i boschi la sua testa sarebbe stata più all'ombra; si convinse e
lo lasciò partire per fare il carbonaro. Mise in una bisaccia fiammiferi, una vecchia
accetta del nonno ed un tozzo di pane e l'indomani lo salutò mentre si incamminava verso
la montagna.
Il pescatore camminò tutto il giorno: i raggi del sole spuntavano ogni tanto fra i rami
di quegli alberi giganteschi ed a lui sembrava di vedere ancora più chiaramente, tra quei
raggi, la principessa dai capelli azzurri e oro, ancora muta ma più splendente che mai.
Incontrò i cacciatori, i pecorai, i carbonai, ma disse a se stesso: "Adesso debbo
trovare la principessa, poi comincerò a cercare un carbonaro che mi prenda con se a
lavorare". Mangiò il suo pezzo di pane, con i fichi che trovava sul suo cammino, e
la sera rimase a dormire in una caverna, avanti alla quale accese un bel fuoco con uno dei
fiammiferi che gli aveva dato sua madre.
Dopo tre giorni di cammino arrivò sulla cima del monte dove aveva visto tramontare il
sole con la principessa splendente tra i suoi raggi. Aspettò fino alla sera ma, con
grande dispiacere, vide che il sole in realtà tramontava dietro un'altra montagna che si
alzava poderosa oltre la vallata. La principessa tramontava anche lei, sorridendo
tristemente.
Nei giorni che seguirono il pescatore continuò ancora a camminare verso il sole che
tramontava, mangiando quello che raccoglieva sul suo cammino.
Attraversò paesi e città, vide boschi e paesaggi incantevoli, incontrò persone di ogni
tipo, alcune molto cortesi, altre invece proprio sgarbate e cattive; salì su tutti i
monti dietro cui tramontava il sole, ma dopo ogni monte c'era una vallata ed oltre la
vallata ancora un altro monte, e la principessa sembrava ogni volta lontana come quando
l'aveva vista la prima volta tramontare dalla sua spiaggetta.
Un giorno si fermò a parlare con un carbonaio molto vecchio, tutto coperto di polvere
nera che sembrava essere appena uscito dalla canna d'un camino. "Posso restare con
voi? - disse allora - voglio imparare a fare il carbonaro, mi chiamo Alessandro e vengo
dalla marina". Fece vedere la vecchia scure del nonno che gli aveva dato la mamma, ma
il vecchio carbonaio la getto di lato facendo una smorfia; caricò poi sulle spalle del
marinaio una fascina di legna così pesante che sembrava gli avesse messo sulle spalle un
fascio con tutti i remi di tutte le barche della sua marina.
Quando la carbonaia fu pronta il pescatore tirò fuori l'ultimo fiammifero di quelli che
gli aveva dato la madre e volle accendere con quello le frasche per dare fuoco alla
carbonaia. Mentre aspettavano che la legna bruciasse nella carbonaia da cui usciva un filo
di fumo azzurrognolo, il carbonaio raccontò al giovane pescatore che anche lui, da
giovane, aveva fatto il marinaio, nella flotta della Regina di Spagna, ed aveva viaggiato
molto e visto tutto il mondo. Alessandro decise allora di raccontare al vecchio carbonaio
la sua storia: forse lui che aveva visto tante cose strane non si sarebbe meravigliato di
quello che vedeva il giovane pescatore tra i raggi del sole.
Il vecchio, a sentire quel racconto, si mise a ridere così forte, rideva e saltava e si
contorceva così tanto che, nero com'era, aveva sollevato una nuvola di polvere di carbone
che aveva fatto venire la tosse a tutt'e due. "Il tuo viaggio è inutile, sciocco
marinaio! Quando avrai attraversato tutti i monti e tutte le valli troverai di nuovo il
mare e li il sole tramonterà tuffandosi nuovamente nel mare! - disse il vecchio - ah, ah,
ah, che sciocco!".
Poi siccome Alessandro era un giovane buono ed educato, e lo aveva aiutato volentieri, gli
regalò una bella pietra per limare l'accetta spuntata del nonno, dei lacci per catturare
i conigli, e gli disse: "Torna pure alla tua spiaggia a fare il marinaio, non
troverai mai il posto dove tramonta il sole, e la tua mamma intanto a quest'ora ti aspetta
sola ed affamata."
Il pescatore Alessandro ringraziò il vecchio carbonaio, e con una grande tristezza nel
cuore, riprese la via del ritorno. Ogni tanto alzava gli occhi al cielo, e tra i raggi del
sole continuava a vedere la sua principessa, triste e muta. Coi lacci del vecchio, sulla
strada del ritorno, Alessandro catturava conigli grosse come capre, che scuoiava con la
sua ascia lucente ed affilata, grazie alla pietra avuta dal carbonaio.
Quando giunse alla sua casetta sul mare, trovò la sua vecchia madre triste ed
invecchiata, ma felice di rivedere suo figlio sano e salvo. Il giovane raccontò tutta la
sua avventurosa ricerca, dicendo alla madre anche il vero motivo di essa, e le parlò
della principessa che solo lui vedeva tra i raggi del sole. La vecchia madre non disse
nulla, mentre forse scoteva appena la testa; lo consolò coi soliti gesti, divise con lui
tre sarde che le aveva regalato un vicino di buon cuore, e gli preparò il letto.
L'indomani il giovane riprese il suo lavoro di pescatore, pensando sempre alla sua
principessa: la mattina la vedeva splendente e silenziosa sorgere tra i raggi del sole, e
la sera con esso tramontare, sempre silenziosamente.
Un giorno Alessandro chiese alla vecchia madre di preparargli delle ali cucendo una
teletta cerata su una specie di telaio che il giovane aveva costruito limando e legando le
ossa di una balena arenatasi in una spiaggetta lì vicino. Quando le ali furono pronte, il
giovane andò su una roccia a picco sul mare perché voleva imparare a volare; aprì le
braccia cui s'era legato il paio d'ali e si buttò giù, come facevano i gabbiani accanto
a lui.
Precipitò come un alberello strappato dal vento alla sua roccia, e cadde tra le onde. Il
marinaio andò giù in fondo al mare, e poi pian piano risalì, e mentre guardava su
vedeva i raggi del sole scintillare tra i pesci, e tra questi gli sembrò di vedere ancora
la sua principessa che gli sorrideva tristemente.
Alessandro poi tornò sulla riva, lasciò asciugare le sue ali e decise che avrebbe
continuato a buttarsi da quella roccia fino a quando non avesse imparato a volare. I
gabbiani del mare, che lo avevano visto buttarsi tante e tante volte, alla fine ebbero
pietà di lui; si nascosero sotto le sue ali, sorreggendolo fino a quando il pescatore
Alessandro non ebbe imparato a muoversi nel modo giusto nell'aria, e a volare.
Ormai Alessandro era pronto per cercare la sua principessa in alto, nel cielo; un mattino salutò sua madre, salì sulla sua roccia e cominciò a volare in alto, in alto sempre più. A mezzogiorno, sperava, avrebbe incontrato la sua bella principessa nel mezzo del cielo, o forse sarebbe stato definitivamente bruciato dal sole. Quando fu mezzogiorno era stanchissimo, aveva volato più in alto delle aquile, e le sue forze lo stavano abbandonando. Guardò ancora una volta su, quasi a salutare la sua principessa tra i raggi del sole, perse i sensi e cominciò a ricadere giù, con le sue ali aperte, dolcemente cullato dal vento.
Quando si risvegliò, si accorse di essere atterrato sopra un grosso platano, accanto
ad un fiume. Vicino a lui un terribile orco, alto più di tre metri, coperto da una
puzzolente pelle di capra, gli aveva tirato un secchio d'acqua in faccia: "Ah, ah, ah
- rise beffardo l'orco - volevi fare il nido proprio sopra il mio albero? Ti spennerò
vivo e ti mangerò, anche se sei magro come un pesce stocco! Vuol dire che dovrò metterti
prima in ammollo! Ah, ah, ah!"
Alessandro, che intanto si era ricordato di certe favole che gli raccontavano i nonni
quando era piccolo, invece di spaventarsi rispose: "Certo, signor orco, ma intanto
potresti anche farmi ingrassare un poco, intanto che io ti insegno come ho imparato a
volare. Potresti aver voglia di volare anche tu, un giorno!"
"Io non ho bisogno di volare - rispose l'orco che di favole non aveva mai sentito
parlare - ma certo sarai più saporito se metterai un poco di grasso. E poi a volare si fa
in fretta. Tu mi darai le tue ali e mi dirai quello che sai sul volo".
Il pescatore fu contento di potere così prendere tempo, e dall'indomani cominciò a
spiegare all'orcoMarco - questo era il suo nome - come dovevano essere legate le braccia
alle ali, quale vento era meglio aspettare prima di buttarsi giù nel vuoto, e quando
avrebbe dovuto muovere le braccia e quando avrebbe dovuto bloccarle.
Dopo alcuni giorni l'orcoMarco ed Alessandro si misero in cammino per trovare una rupe
abbastanza alta dalla quale l'orco avrebbe potuto volare. Giunti in cima, l'orcoMarco -
temendo che il ragazzo potesse scappare durante il suo volo, pensò di legarlo con la sua
cintura ad un albero. Alessandro lasciò fare, badando a gonfiare i suoi polmoni e i
muscoli il più possibile, in modo da non rimanere legato troppo stretto. Alessandro era
sicuro che l'orco non sarebbe riuscito a volare, e lui del resto si era ben guardato dal
raccontargli quante volte fosse precipitato in mare, prima di imparare.
L'orcoMarco si lanciò a capofitto dalla rupe, ma era troppo pesante e goffo per potere
riuscire a volare, perdipiù al primo tentativo. Finì spiaccicato tra le rocce, e fu
subito divorato dai lupi.
Alessandro si liberò facilmente della cintura; decise quindi di tornarsene ancora una
volta a casa, portando con se per ricordo quella meravigliosa cintura dell'orco, che aveva
una bella fibbia con un'aquila ed una stella marina.
A casa Alessandro pensò a lungo alle sue avventurose ricerche; poi decise che avrebbe
fatto per sempre il marinaio, cercando di smettere di pensare alla sua principessa. Si
comprò un grande cappello di paglia e tornò in mare, per pescare almeno quanto serviva a
campare dignitosamente, lui e la sua vecchia madre.
Il nostro marinaio andava ogni giorno a pescare, e forse grazie al suo grande cappello di
paglia non vedeva più la principessa tra i raggi del sole.
Un giorno - improvvisamente - si accorse che ai suoi ami aveva abboccato un grosso pesce tonno, così grosso che forse non avrebbe potuto neppure issarlo sulla sua barca. Legò la lenza alla barca e si lasciò trascinare in alto mare dal pesce tonno, così lontano che la sua spiaggia e le sue montagne diventavano sempre più piccole e lontane, fino a sparire del tutto. Ma Alessandro, che aveva deciso di fare il pescatore, non volle arrendersi ed aspettò che fosse il tonno a stancarsi. Si fece portare in lungo e in largo per giorni e notti, e finalmente in un'alba fresca e tranquilla giunse nei pressi di un'isoletta, che aveva in cima un meraviglioso e strano castello. Il pescatore volle andare a vedere più da vicino, così lasciò la sua barca sulla riva, e si diresse verso il castello. Gli abitanti lo accolsero amabilmente, e gli raccontarono che il castello era abitato da un vecchio sovrano e dalla sua bellissima figlia, una principessa dai capelli azzurri e oro.
Vedendo arrivare finalmente uno straniero su quell'isola, il re mandò dei servi
incontro perché voleva assolutamente incontrarlo. Alessandro, man mano che si avvicinava
al castello, vedeva che questo era ancora più strano, tutto decorato da conchiglie e
stelle marine. Quando fu giunto davanti al re, Alessandro si tolse educatamente il
cappello, mentre il suo sguardo rimase incantato ad ammirare la giovane figlia del re, dai
capelli azzurri e oro.
Il re gli chiese chi fosse e da dove venisse, poi raccontò che - per tanti anni - il
castello e tutti i suoi abitanti erano vissuti sotto il mare, per colpa di un orco
potentissimo. Una volta, quando la principessa era ancora bambina, il re era stato a
caccia al di là del mare, ed aveva ucciso una bellissima cerva dalle corna d'oro. Era la
cerva preferita dell' orcoMarco, che volle vendicarsi subito del fatto; con l'aiuto degli
orchi, dei maghi e delle streghe della montagna, con un incantesimo, aveva fatto
sprofondare sotto il mare il re, il suo castello, l'isola con tutti i suoi abitanti,
trasformandoli in esseri marini. Anche la principessa era vissuta sotto il mare, era
cresciuta giocando con le sirene fino a quando non era emersa con tutta l'isola,
recentemente.
Forse qualcuno aveva rotto l'incantesimo. Proprio dalle sirene, Rosella - questo il nome
della principessa, aveva saputo che solo quando qualcuno avesse ucciso l'orco, l'isola
sarebbe potuta riemergere dall' acqua e tutti i suoi abitanti sarebbero perciò diventati
persone respiranti, come prima. Qualcuno dunque aveva ucciso l'orco, e adesso il re faceva
venire alla reggia tutti gli stranieri per sapere se - per caso - qualcuno avesse ucciso
un orco di recente.
A questo punto Alessandro pensò che avrebbe dovuto raccontare tutta la sua storia.
Disse perciò della bellissima fanciulla che solo lui vedeva tra i raggi del sole, di
quando volle fare il carbonaio, poi del suo volo ed infine dell' incontro con l'orcoMarco,
che era precipitato con le sue ali da una rupe altissima ed era così morto. Dapprima il
re pensò che il giovane stesse raccontando frottole, ma quando vide la cintura con
l'aquila e la stella marina non ebbe più dubbi.
La principessa, che s'era già innamorata del pescatore appena lo aveva visto, aspettò
che il re suo padre si ricordasse l'impegno di dare in sposa la figlia a chi avesse
liberato l'isola dall'incantesimo. Poi sciolse i suoi capelli azzurri e oro, e sorrise al
giovane marinaio, che già ricambiava il suo amore, e che sarebbe stato il suo sposo. Poi
vissero tutti felici e contenti.